Sono tante le storie di vita che si incrociano nel centro della Caritas-Spes nell’Ucraina occidentale dove trovano rifugio i profughi interni. Dall’inizio del conflitto – il 24 febbraio scorso – il Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari, AMU e AFN si è immediatamente attivato nella raccolta dei fondi per sostenere le azioni di accoglienza della Caritas-Spes nei confronti di chi è stato costretto alla fuga. Tra le tante storie c’è quella di una neomamma, che nel momento in cui la Russia ha invaso l’Ucraina aveva partorito da sole tre settimane: la giovane Olha.
La ragazza viveva in un piccolo villaggio nella regione di Kherson, vicino al confine con la Crimea: “Il 24 febbraio il nostro villaggio era già occupato dalle truppe russe, che non permettevano l’evacuazione. Quando sentivo le esplosioni vicino casa nostra, correvo con la mia bambina nel seminterrato e qui restavo a lungo. Pian piano stavo finendo le pappe. Ho dovuto versare dell’acqua in un bicchierino e scaldarla su una candela per fare da mangiare alla piccola. Solo dopo due mesi di occupazione abbiamo deciso di partire a nostro rischio e pericolo”.
I genitori di Olha hanno accompagnato la neomamma e la bambina alla Caritas-Spes poi sono tornati indietro perché all’altro figlio – un ragazzo di 21 anni – non era stato permesso di partire. Mentre racconta la sua storia, Olha culla dolcemente la piccola nelle sue braccia. Il parto era previsto per il 22 febbraio, è stata una fortuna che invece la bimba sia venuta alla luce con quasi tre settimane di anticipo: “Ho visto un video dell’ospedale dove è nata mia figlia. Tutte le nascite avvengono nel seminterrato, perché la zona circostante è stata ripetutamente bombardata dall’inizio della guerra. È l’unico ospedale disponibile a 150 chilometri dal nostro villaggio, quindi se avessi partorito la mia bambina il 22 febbraio probabilmente non saremmo tornati a casa”.
Gli operatori del centro della Caritas-Spes hanno seguito con cura Olha, questa ragazza che appena diventata mamma è stata costretta ad abbandonare la propria casa e si è trovata ad affrontare i primi mesi da sola, con piccole e grandi preoccupazioni, come la perdita di peso della neonata; qui alla Caritas-Spes, il sostegno non le è mancato: gli operatori del centro hanno accompagnato Olha da un pediatra per far visitare la figlia e tutto si è pian piano risolto, ma nella ragazza era riemersa la paura vissuta sotto i bombardamenti: “Stiamo benissimo qui, la cosa più importante per me è che mia figlia non abbia fame come durante l’occupazione, quando non avevo quasi nulla da darle. Non cresceva, era rimasta molto piccola, qui per fortuna ha iniziato a recuperare e ha preso due chili in un mese”.
(Il testo è una sintesi dell’articolo apparso sul sito di Caritas-Spes da cui è tratta anche la fotografia)