Victoria viene da Snihurivka, in Ucraina, nella regione di Mykolaiv. È riuscita a lasciarsi alle spalle la guerra grazie al corridoio verde organizzato dalla Croce Rossa: “Ho un figlio adulto, che ha una famiglia a Mykolayiv. La mattina del 24 febbraio hanno saputo che la guerra era iniziata. Quel giorno sono venuti da me a Snihurivka, a 70 km da Mykolayiv. E’ stato allora che hanno iniziato a bombardarci. Snihurivka è rimasta senza luce, riscaldamento e acqua. Quando i russi sono entrati nel mio villaggio con i loro carri armati, hanno immediatamente scavato trincee, distrutto e saccheggiato negozi. Tutto ciò che si scrive su di loro è vero. L’ho visto con i miei occhi”.
Il figlio e la nuora di Victoria hanno cercato di tornare a Mykolayiv. Hanno noleggiato un’automobile pensando che il nemico non sarebbe entrato nella loro città, ma non hanno avuto nemmeno il tempo di raggiungere il villaggio di Bilozirka, e la macchina è stata bersaglio di colpi di arma da fuoco. Nel racconto di Victoria, i due sono tornati indietro da lei “né vivi né morti”. La paura e il pericolo però non erano cessati, perché le bombe cadevano anche sul villaggio di Snihurivka: “All’inizio abbiamo dormito in casa, ma una notte non ce l’abbiamo più fatta. Mio nipote di due anni e io siamo letteralmente saltati in cantina, appena siamo riusciti a chiudere la porta abbiamo sentito dei detriti che la colpivano. Da quel momento abbiamo sistemato il seminterrato in modo da poterci nascondere lì a lungo”.
Victoria e la sua famiglia vi hanno trascorso un mese, poi la nuora e il bambino sono riusciti a partire per Leopoli, lei invece non voleva abbandonare la propria casa. È stata una decisione dura. Poi è la paura ad aver preso il sopravvento: “Il 9 aprile, di mattina presto, ci sono state delle sparatorie in città, delle esplosioni. Le finestre hanno tremato. Siamo scappati, correvamo da un punto all’altro. Abbiamo aspettato l’autobus per tre ore”.
Il 13 aprile Victoria è arrivata al centro della Caritas-Spes, da allora si è un po’ tranquillizzata, qualche volta riesce anche a sorridere, ma non riesce a non pensare al momento del ritorno: “Ho smesso di piangere. Piangevo sempre quando raccontavo tutto questo. I miei valori sono cambiati perché capisci di quanto poco c’è bisogno per essere felici. Per anni acquistavo cose, e invece tutto ciò che ti serve veramente può stare in una borsa. Ho portato con me le forbici preferite di mia madre, ho almeno questo come ricordo. C’è uno psicoterapeuta qui, ho parlato con lui, dopo di che ho iniziato a pensare in modo un po’ diverso. Mi sentivo in colpa perché ero fuggita, ma pensavo che se salvavo la mia vita potevo aiutare mia nuora e mio nipote. Il bambino soffre di un disturbo nervoso da quando aveva un anno e mezzo, con la guerra era peggiorato. Padre Mykola ha portato mio nipote a Leopoli per un consulto. Penso che questo sia stato un gesto molto nobile da parte sua”.
Dal 4 aprile Snihurivka, in Ucraina, è occupata dai russi, ma Victoria non vede l’ora di fare ritorno a casa. “Appena ci verrà detto che il nostro territorio è stato liberato e sminato, rientreremo subito. Ci vorrà ancora del tempo per ripristinare le forniture di acqua, luce e gas, ma non importa. Non voglio andare all’estero. La prime cose che farò quando tornerò saranno andare al cimitero dai miei genitori e capire cosa potrei ancora coltivare nel mio orto”.
(Il testo è una sintesi dell’articolo apparso sul sito di Caritas-Spes da cui sono tratte anche le fotografie)