(Racconto in 3 parti di quanto accaduto a una famiglia in fuga per la guerra in Ucraina)
“È un miracolo” dice ora la donna che assieme al marito, ai cinque figli e all’anziana mamma è scappata da Mariupol, dopo aver vissuto per un mese e mezzo nei sotterranei della propria abitazione, unico posto che garantiva un minino di sicurezza dalle bombe, e dopo aver affrontato un viaggio di sedici giorni attraverso un’Ucraina senza più pace occupata dai militari russi. Il miracolo è aver lasciato sani e salvi la città di Mariupol, e aver superato indenni i tanti pericoli incontrati nel viaggio.
Adesso, nel centro della Caritas-Spes “i bambini sono felici, giocano a calcio, disegnano. Il cibo qui è eccellente, cercano di fornirci tutto quello di cui abbiamo bisogno. Ci sono stati fatti tanti regali. Le persone capiscono che abbiamo tanto dolore dentro, che non abbiamo più un posto dove andare. Chi è generoso è anche aperto al prossimo e non chiede nulla in cambio. Ci dicono solo di riposarci… di fare una passeggiata… Siamo grati a Dio di essere qui, i bambini si stanno riprendendo velocemente”.
I figli hanno tra i i 5 e i 22 anni. La ragazza adolescente è la più provata: “Entra nella stanza e si siede a piangere dicendo ‘quando ricordo Veronica non ce la faccio’”. Veronica era una sua amica che non c’è più, si conoscevano dall’asilo, facevano progetti su cosa avrebbero fatto dopo le scuole medie. La mamma le assicura che d’ora in avanti andrà tutto bene: “Le dico che se Dio ci ha salvato da tutto questo, allora ha un piano per noi”.
Sono oltre centomila le persone transitate nei centri gestiti dalla Caritas-Spes Ucraina. Ciascuna di queste persone ha la propria storia di vita e di guerra, ciascuna porta con sé il proprio dolore.
(Il testo è una sintesi dell’articolo apparso sul sito della Caritas-Spes Ucraina, da cui è tratta anche la fotografia)