Avere 18 anni in Siria

Dopo un periodo difficile segnato dalla separazione dei genitori e dal lavoro per sostenere la famiglia, Rabie ha riscoperto il piacere dello studio e della condivisione grazie al centro Our Youth Our Future

I genitori di Rabie sono separati, e lui vive con la madre e la sorella, in Siria, in una casa semplice, composta da due stanze. Nonostante i suoi 18 anni, il ragazzo ha già dovuto affrontare situazioni di vita impegnative, che hanno lasciato un segno dentro di lui. Anche l’andamento scolastico ne ha purtroppo risentito.

Il disagio a scuola

Per aiutare la mamma, Rabie ha saltato il corso estivo del centro Our Youth Our Future, il doposcuola che l’AMU sostiene in Siria attraverso il programma Semi di Speranza, ed è andato a lavorare. In quel periodo era più urgente contribuire al sostegno economico della famiglia, e Rabie non si poteva tirare indietro.

Quando poi è tornato al centro, per seguire il corso invernale, gli insegnanti hanno notato in lui un certo disagio: tendeva a isolarsi, a stare lontano dai compagni di classe. C’era – in lui – un rifiuto dell’altro. Ma c’era anche la consapevolezza di questa difficoltà, tant’è vero che è stato proprio il ragazzo a richiedere un sostegno individuale.

Il centro Our Youth Our Future in Siria

Rabie: avere 18 anni in SiriaOur Youth Our Future è un doposcuola di Damasco che fornisce supporto scolastico a ragazzi che abbiano bisogno di recuperare nelle materie, spesso rimasti indietro non per loro responsabilità, ma per le condizioni di grande vulnerabilità in cui versa la società siriana.

Ed è uno degli interventi che rientrano nel programma Speranza in Siria, che prevede appunto anche azioni di sostegno all’istruzione di base, per garantire ai giovani studenti siriani un pieno diritto allo studio e maggiori possibilità per il loro futuro.

Il recupero di Rabie

Seguito con attenzione dagli insegnanti del doposcuola, Rabie ha recuperato il rapporto con i suoi compagni; ha iniziato gradualmente a partecipare alle attività di classe in maniera più attiva; è riuscito a comunicare e a interagire.

Tutto questo può sembrare poca cosa, ma per un ragazzo di 18 anni è la vita.

“Mi sentivo come uno straniero tra loro – racconta adesso – mi vergognavo quando qualcuno parlava della mia famiglia o dei miei parenti, soprattutto perché mio padre e mia madre sono separati. Mi piace venire qui, con i professori e gli studenti; sento che il centro è la mia seconda casa”.

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