Robert, cosa sta succedendo in Siria?
Un fronte della liberazione filo islamico, appoggiato probabilmente dalla Turchia e da altre potenze straniere, ha prima invaso i villaggi a sud e a ovest di Aleppo; poi, in maniera repentina, è entrato in città con l’intenzione di, come dicono, “ristabilire un nuovo ordine”. È chiaro che c’è un accordo tra potenze, ma dove ci porterà? Ci sarà una spartizione della Siria? Spero solo che tutto avvenga senza troppa violenza.
A oggi qual è la situazione ad Aleppo?
Ci sono scontri con l’esercito siriano. I cristiani hanno paura perché sono una minoranza, a cui già in passato sono state imposte delle restrizioni. Il mio timore è che possa succedere come in tutte le guerre: i civili utilizzati come scudi umani.
Qual è la condizione psicologica della popolazione?
Instabilità, paura, insicurezza. Non sappiamo cosa succederà domani, come evolverà questa nuova guerra.
Si può uscire dalla città?
Chi vuole uscire da Aleppo non può prendere l’autostrada principale, che è completamente bloccata. L’unico modo è percorrere una strada secondaria, che però non è affatto agevole adesso ed è sovraffollata. Per raggiungere Homs, passando da lì, ci vogliono otto ore di automobile piuttosto che le normali due. Si teme un’immigrazione interna. Chi è riuscito a lasciare la città nell’immediato dell’occupazione dei ribelli si dirige verso la capitale, Damasco, e nella regione di Homs. Ma arrivarci diventa di ora in ora più difficile.
Chi rimane ad Aleppo come sta vivendo?
La popolazione di Aleppo è chiusa in casa. Scuole e uffici sono chiusi, non si sa fino a quando. Anche il nostro ufficio è chiuso, almeno per una settimana. Si lavora solo da casa. Per qualche giorno è mancata l’acqua, però è tornata. Il gasolio già era razionato prima, ora la situazione è peggiorata: riscaldarsi è quasi impossibile. Tutto quello che si trova ha prezzi esorbitanti. Per comprare il pane c’è la fila nei negozi, ma temo che a breve i minimarket termineranno le scorte.
Cosa pensi succederà adesso?
Ho l’impressione che non finirà subito. La situazione rimarrà così a lungo, come è successo dopo il 2012. È vero che il conflitto armato era fermo da tempo, ma stavamo vivendo in una situazione di pace assai fragile e si poteva immaginare che un giorno sarebbe saltato di nuovo tutto.
Quali sono i bisogni più urgenti?
Ho parlato con Nour, la direttrice dell’ufficio: siamo di nuovo in emergenza. In molti non hanno liquidità, è quasi impossibile ritirare soldi in banca per chi ha un conto. Ci sono persone che hanno difficoltà a comprare le medicine. Dobbiamo venire incontro a questi bisogni più urgenti. Quindi adesso le nostre azioni ad Aleppo verranno riorganizzate in questo senso e si trasformeranno in assistenza alla popolazione. Nelle altre città invece al momento i nostri progetti – RestarT e Semi di Speranza – vanno avanti normalmente. Il problema vero sono i fondi, abbiamo bisogno urgente di raccogliere fondi per aiutare la popolazione di Aleppo e per garantire il proseguimento dei progetti nelle altre città.
Secondo te, i siriani riusciranno a superare questa ennesima prova?
Questo nuovo conflitto non ci voleva. Siamo tutti molto stanchi. La gente è disperata. I siriani sono molto resilienti, ma la speranza traballa. Chi ha la fede, ha questo sostegno che viene dall’alto e cerca di stare vicino agli altri, di amare. Ma è difficile parlare di speranza, è difficile chiedere al popolo siriano di continuare a sperare. Un’utopia.
Noi cosa possiamo fare?
Pregare tantissimo per la pace e fare pressione sui governi occidentali perché si trovi una soluzione politica nel Medio Oriente. Voi europei dovete agire perché si smetta di produrre armi, altrimenti ci sarà sempre una guerra in qualche parte del mondo.