Accoglienza profughi afghani, con un piede nel futuro

Tra inserimenti scolastici dei più piccoli e i progetti per proseguire il percorso dei più grandi, la famiglia accolta a Marino comincia ad essere sempre più autonoma e a vivere il futuro.

L’inserimento scolastico è costato qualche pianto al bambino più piccolo del nucleo familiare del progetto per l’accoglienza profughi afghani e ospitato presso la cooperativa Una città non basta di Marino. Il bambino ha cominciato a frequentare la classe seconda della scuola primaria poco prima delle vacanze natalizie; i primi giorni piangeva, la mamma cedeva e lo riportava a casa. “Ha un bel caratterino”, racconta Sara, operatrice della cooperativa “sa benissimo come far leva sul cuore della madre”. Insomma, aveva capito – come gran parte dei bambini alle prese con i primi giorni di scuola – che con le lacrime poteva ottenere quanto meno un rinvio al giorno dopo.

Certo, le difficoltà oggettive ci sono: non aveva mai frequentato una scuola, entrava in una classe dove tutti parlano una lingua che non è la sua, lo stravolgimento della sua vita da agosto a oggi. Stare seduto per ore in un banco è stata pian piano la prima conquista. Poi sono sopraggiunte le vacanze di Natale, il rientro, qualche giorno in didattica a distanza per le ormai frequenti quarantene scolastiche e il piccolo sta imparando che a scuola ci si deve andare. Non piange più, adesso, ma mette il broncio: “È sempre un po’ arrabbiato con chi lo accompagna la mattina”. Al fratello della mamma ha detto: “Tu non sei più mio zio perché mi porti a scuola”.

Sul fronte dell’istruzione potrebbero esserci novità anche per i ragazzi più grandi. Una città non basta li ha sostenuti nel partecipare a un bando per borse di studio rivolto a studenti afghani. Si tratta di una borsa di studio per il Politecnico di Torino – tasse universitarie, vitto, alloggio e un contributo mensile – per il ragazzo diciottenne che vorrebbe seguire i corsi di informatica. E altre due borse per le sorelle per accedere all’università di Cassino. In attesa di conoscere gli esiti del bando, questo è comunque un passaggio importante: cominciano a entrare nell’idea di futuro, e cominciano a mettere piede nel mondo reale.

Sarà impegnativo, certo, ma saranno loro a scegliersi la strada. L’emotività, il trauma della fuga dal proprio Paese, è qualcosa che rimarrà sempre dentro di loro, sottolinea Sara, ma questi, e altri passi, sono segnali di una normalità che comincia a delinearsi. Per i giovani è comprensibilmente più facile, lo si capisce anche dal progresso compiuto nell’imparare la lingua italiana. Gli anziani genitori invece non la parlano proprio.

Grazie alla scuola di lingue ProLingua International che ha donato alla cooperativa 13 licenze gratuite per accedere alla piattaforma Rosetta Stone, gli ospiti afghani di Una città non basta possono usufruire di ulteriori lezioni di italiano, che si aggiungono al corso che già frequentano all’interno della struttura: la utilizzano tutti i membri della famiglia, tranne i genitori.

Sono molte le dinamiche emotive che si intrecciano in questo numeroso nucleo familiare: la preoccupazione per una figlia che è ancora in Afghanistan, il desiderio di una delle ragazze di voler tornare in patria, la voglia di rimanere qui degli altri. Contrasti grandi e piccoli scandiscono le giornate. Sprazzi di autonomia conquistati: i ragazzi si muovono in maniera indipendente con i mezzi pubblici per andare e tornare da Roma; le ragazze un po’ meno, escono poco; i bambini giocano in giardino.

Tutti però nota Sara, sono più tranquilli rispetto alle prime settimane, seppure i segnali delle paure vissute in Afghanistan tornano inconsciamente a galla di tanto in tanto: “C’è una cosa che mi ha colpita e mi ha fatto molto riflettere. Ero in automobile con il ragazzo diciottenne. Ho parcheggiato e sono scesa per fare delle commissioni. Quando sono ritornata la portiera non si apriva: si era chiuso dentro. Come se avesse paura. Ecco, c’è questo timore dell’essere perseguitati che li accompagna sempre. Temono il mondo esterno”.

Quali sono i prossimi passi importanti? “Stiamo prenotando la dose booster dei vaccini anti-Covid. Verrà a trovarli per la prima volta il figlio che vive a Londra. E poi il 15 febbraio c’è l’audizione di fronte alla Commissione Territoriale per le ultime tre persone del gruppo che ancora non sono state ascoltate”.

Il percorso di accoglienza dei profughi afghani si trasforma man mano in uno di autonomia e inclusione grazie all’accompagnamento di Una città non basta e dei sostenitori dell’AMU.

Con la tua donazione potrai aiutarci a portare avanti i nostri progetti e programmi di sviluppo

Loading...